venerdì 31 agosto 2007

Libera Chiesa in libero Stato

Libera Chiesa in libero Stato

Questo è stato a lungo ritenuto uno dei principi fondamentali della laicità, conquista dell'unità italiana e base della creazione della nazione italiana stessa. Oggi, parlare di laicità, crea malumori, malanimi, difficoltà di comprensione.

La questione è particolarmente difficile da dipanare perchè si articola su due livelli: quello dei principi, ideale dunque, e quello degli interessi pratici, concreto e immediato.

A livello di principio, c'è l'idea che lo stato sia un'entità autonoma, che non deve rendere conto a nessuno se non a sé stesso, il che in una democrazia significa ai propri cittadini. Solo lo stato, ovvero i cittadini, possono prendere le decisione nell'ambito delle questioni politiche, ovvero nella relazione reciproca, ed esse non devono essere indirizzate da poteri o influenze occulte. Per quanto esso possa essere tollerante- e non tutti sono di questa idea- esistono dei livelli oltre i quali esso non può dipendere da poteri altri da sé stesso- religioni o club sportivi. che dir si voglia.
Ma in gioco non c'è solo la sovranità dello stato; quando si parla di laicità balza agli occhi come uno dei problemi maggiori sia l'uguaglianza, di tutti e nei confronti di tutti. Noi, cioè, in quanto cittadini con uguali diritti e doveri chiediamo che lo stato riservi a tutti il medesimo trattamento e che ciascuno sia reputato uguale davanti alla legge, senza qualche “uguale più uguale”.

Il problema è che questi principi si scontrano con gli interessi di tutti i giorni, di gruppi, gruppetti, furbetti e furboni, ciascuno dei quali cerca di tirare il carrozzone dalla propria di avere un'eccezione, una deroga, una leggina particolare, una qualche influenza sull'amministrazione. E questo avviene non solo da parte della chiesa, quando incoraggia il fatto che i preti colpevoli di qualche crimine siano giudicati secondo il diritto canonico, interno alla chiesa, e non secondo quello statale, ma anche da parte di tutta un'altra serie di soggetti, che vorrebbero creare sacche di potere autonomo e gestito in proprio, oppure sfruttare le strutture statali per i propri interessi.

La grande sfida è dunque una laicità di più ampie vedute, capace di affrancare lo stato e la sua amministrazione non solo da una qualche dipendenza nei confronti della chiesa, ma in generale da ogni tipo di influenza esterna, e di riaffermare la sua capacità d'azione su tutto il territorio. In sostanza dovrebbe lottare per togliere le terre di nessuno e fare in modo che l'amministrazione sia efficaciemente imparziale.

Questo è il primo passo per restituire la capacità di decisione politica ai cittadini stessi. Laicità oggi, dovrebbe significare affrancare l'amministrazione dello stato dalle pressioni dei gruppi di potere, per consegnare la gestione politica della nazione nelle mani dei cittadini.
Se l'amministrazione amministra indipendentemente, con regole uguali per tutti, efficientemente, su tutto il territorio allora i cittadini sono messi nella condizione di potersi occupare delle questioni politiche, di sostanza, e non di doversi dannare per le faccende burocratiche o di gestione quotidiana. Se, insomma, per ottenere timbri e documenti, non si deve passare per raccomandazioni- di chiunque esse siano, da mafiosi a preti- allora si ha la possibilità di avere la propria dignità di cittadino, libero, e di dedicarsi così ad una partecipazione attiva alla politica vera; una vera, libera e attiva partecipazione non è certo immaginabile se, andando all'ospedale, si deve pregare qualcuno per otterene delle prestazioni sanitare, che ci spetterebbero di diritto.

Affrontare questo tema, in italia, è però molto difficile. C'è l'inspiegabile associazione di laicità e anticlericalismo, nichilismo e chissà quante altre magagne. Non solo, ma la morale comune vede nella chiesa un punto fermo, anche se solo a parole visto il tasso ridicolo di fedeli nelle messe dominicali. A messa no, non ci si va, ma quando si deve parlare del futuro di tutti, parlare delle storture in cui è coinvolta la chiesa significa andare su un terreno tabù.

Dunque la prima sfida della Laicità in italia è quella di scardinare questo senso comune, e di affrontare criticamente la questione dei rapporti tra chiesa e stato. Soprattutto quando, come nel caso dell'ici, sembrano poter ledere i principi dell'uguaglianza di trattamento dello stato nei confronti dei cittadini. Ma per fare questo si deve andare oltre lo spirito di vendetta e non adottare l'altra linea, quella della concessione zero. Se lo stato decide di dare un input a tutte le aziende o istituti che hanno un valore sociale, e agiscono nell'ambito sociale con iniziative di volontariato, allora sicuramente si dovrà riconoscere alla chiesa i medesimi diritti delle coop, così come delle ong e forse anche di organizzazioni sportive, di volontariato, e chissà che altro. Dunque, tutti o nessuno, e con i medesimi criteri. A questi patti, non solo teorici, ma reali e applicati, la riduzione dell'ici, lo spazio sui mezzi di informazione, la protezione delle forze dell'ordine, possono essere accordata anche alla chiesa. Anche, ma non solo.

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